martedì 24 aprile 2012

Tolkien e il Cristianesimo


Durante i mesi di documentazione sull’opera tolkieniana, mi è capitato spesso di inciampare nell’idea che questo autore abbia voluto trasmettere un qualche contenuto religioso ai suoi lettori, come se uno degli intenti del suo lavoro letterario sia stato quello di “convertire” i malcapitati, intrappolandoli in una ragnatela fatta di sottile simbolismo cristiano.
Personalmente non ho mai ritenuto veritiero questo filone di pensiero, nonostante sia innegabile il profondo legame esistente tra il professor Tolkien e la dottrina cattolica. Esso, a ben guardare, affonda le radici molto in lontananza, nell’infanzia dello scrittore, e rimane indissolubilmente avvinto al rapporto con la madre Mabel. Una madre che, abbandonata da tutto il resto della famiglia dopo la morte del marito, ha combattuto e sofferto per crescere i suoi figli nei valori del cattolicesimo. E che in ultima istanza è morta affidando i fratelli Tolkien ad un intimo amico di famiglia, padre Francis.
Ronald non avrebbe mai potuto abbandonare una fede conquistata con tanto patimento; ne fece invece un punto fermo nella propria vita, un baluardo di verità per nutrire la propria mente.
Mia madre è stata veramente una martire; non a tutti Gesù concede di percorrere una strada così facile, per arrivare ai suoi grandi doni, come ha concesso a Hilary e a me, dandoci una madre che si uccise con la fatica e le preoccupazioni per assicurarsi che noi crescessimo nella fede”.
(La vita di J.R.R. Tolkien, H. Carpenter)
Le infelici vicende della sua giovinezza lo hanno reso un uomo pessimista, riversato spesso su sé stesso, in certi momenti incline allo smarrimento: questo lato del suo animo era capace di periodi di profonda disperazione. Più precisamente, e soprattutto in relazione alla morte della madre,quando questa indole prevaleva in lui gli imprimeva un intimo sentimento della caducità delle cose. Niente vi sfuggiva, niente sarebbe durato in eterno, nessuna battaglia sarebbe stata vinta per sempre”.
(La vita di J.R.R. Tolkien)
La credenza cattolica ha naturalmente acuito quest’anima sfiduciata e triste, rendendolo cosciente della fallibilità umana, della sua esistenza precaria e della sua radicata incapacità a far del bene. Per Tolkien l’umanità è malvagia, e la Grande guerra che ha inghiottito tanti giovani della sua generazione ne è un esempio. Così come lo sono anche i terribili marchingegni militari ideati per la Seconda guerra mondiale.
Le macchine che risparmiano la fatica creano solamente fatica peggiore e senza fine. E in aggiunta a questa sostanziale incapacità di creare, c'è la Caduta, che fa sì che i nostri aggeggi non solo falliscano i loro obiettivi, ma diano vita ad altre cose malefiche e orribili. Così inevitabilmente da Dedalo a Icaro arriviamo al bombardiere gigante. Non è certo un passo avanti sulla strada della saggezza!”.
(La realtà in trasparenza, a cura di H. Carpenter)
Ronald tuttavia, come già espresso in altri articoli, è abbastanza altalenante nell’esprimere concetti di siffatta specie: in certi momenti le sue parole appaiono piene di sconforto, come se non fosse praticabile nessuna via verso la salvezza, in altre invece una qualche redenzione sembra possibile.
[...] vecchia, vecchia, squallida, infinita immutabile incurabile corruzione. Tutte le città, tutti i paesi, tutte le abitazioni degli uomini – fogne! E allo stesso tempo uno sa che c'è sempre un po' di bene: sempre più nascosto, sempre meno chiaramente discernibile, che raramente esce allo scoperto […]”.
(La realtà in trasparenza)
A ben guardare l'intero Signore degli Anelli appare come un viaggio di liberazione morale e riscatto dell'umile, dell'uomo semplice che ogni giorno combatte contro le proprie debolezze ed imperfezioni, soffrendo ma procedendo ugualmente verso traguardi più alti E' quasi scontato domandarsi quanto ci sia, in questa immagine, dei tanti soldati che il professor Tolkien aveva conosciuto al fronte e soprattutto quanta clemenza ci sia verso di loro.
Così dicendo sono giunta ad un concetto fondamentale all'interno dell'opera e del pensiero tolkieniani: la pietà che salva e redime. E' la pietà, nella mente di Ronald, il sentimento che può indurre l'umanità al cambiamento, e soprattutto al miglioramento interiore. Per lui i buoni valori da seguire sono eminentemente cristiani come l'obbedienza, l'umiltà e la benevolenza verso il prossimo. Tutti sentimenti che anche Frodo dimostra di possedere in abbondanza. E allora, in questo modo, anche le manchevolezze connaturate all'essere uomini possono essere perdonate; poiché, essendo noi tutti creature imperfette e fallaci, sta solo alle nostre azioni dimostrare che possiamo crescere.
Frodo prova pietà verso Gollum perché vede in lui un riflesso di sé stesso. Decide di risparmiarne la vita poiché non è suo compito decidere chi debba vivere e chi morire, come anche Gandalf gli fa notare. Il triste hobbit è ben conscio che l'anello lo sta lentamente corrompendo, ma desidera continuare a credere che esista una possibilità di assolvimento, redenzione e mutamento positivo.
Cosa, quest'ultima, che peraltro si verifica sia ne Il Signore degli Anelli, sia in tutti gli altri romanzi di Ronald: si tratta dell'eucatastrofe, o catastrofe positiva, detta in altri termini. Egli, da buon fedele, crede fermamente nell'intervento divino, nell'eventualità che una forza superiore (e non necessariamente comprensibile) intervenga nelle vicende umane per cambiarle. L'eucatastrofe sarebbe, quindi, il radicale ribaltamento di una circostanza negativa votata interamente all'insuccesso. Esattamente ciò che sta accadendo quando Frodo, dinnanzi al cratere del vulcano, decide di non compiere il destino per cui in quel luogo è giunto, gettando la situazione nello sfacelo più completo. Frodo fallisce, fallisce nell'esatto momento in cui indossa l'anello al dito.
Ma ecco che accade qualcosa: interviene nuovamente Gollum, giocando l'ultimo ruolo che gli compete nel romanzo, rimpossessandosi dell'agognato tesoro con la forza e precipitando con esso nelle viscere della montagna. E risollevando così le sorti della Terra di Mezzo. La pietà di Frodo si rivela davvero provvidenziale!
Per concludere, credo che il cristianesimo dell'autore si riveli appieno in momenti letterari come quelli appena illustrati, piuttosto che in millantati quanto evanescenti simboli religiosi.