![]() |
Smaug nella sua tana, Lo Hobbit J.R.R. Tolkien |
gIn un articolo da me precedentemente pubblicato ho fatto riferimento all'importanza del linguaggio nell'opera tolkieniana, mettendo in rilievo l'interconnessione esistente tra la parola e la nascita di personaggi e storie. Nel presente brano ho intenzione di ampliare la riflessione sulla linguistica, includendo anche le allusioni mitologiche di cui Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli sono disseminati.
In essi infatti non sono solo rintracciabili riferimenti interni alla stessa mitologia tolkieniana, ma anche a mitologie esterne, risalenti magari ad altri Luoghi e Tempi. Si tratta, in definitiva, di una delle bellezze più tipiche della letteratura di questo autore inglese: storie dentro le storie, caratteristica, questa, che peraltro dona agli scritti una profondità spaziale e temporale incredibile.
“ Il fascino de Il Signore degli Anelli è in parte dovuto, penso, all'intuizione di una storia più ampia sullo sfondo [...]” scrive Tolkien al riguardo.
Per chiarire meglio il concetto avanzo qualche esempio. Mentre si è immersi nella lettura di una pagina del Lord, si sa per certo che in qualche altro posto della Terra di Mezzo altri avvenimenti si stanno compiendo, nonostante non se ne venga posti immediatamente a conoscenza. Si rimane tuttavia coscienti che più avanti la rivelazione avverrà, come saltando fuori inaspettatamente da qualche piega del libro. E a quel punto molte cose saranno comprese.
Ma la profondità cui accennavo più sopra non si esaurisce solo in una dimensione spaziale interna al romanzo. Ronald Tolkien allude continuamente ad accadimenti precedenti la Terza Era (tempo nel quale si dipana il romanzo), ricollegandosi così agli scritti de Il Silmarillion. Dal suo punto di vista ciò è del tutto normale, visto che il volume appena citato non è altro che la raccolta degli scritti antecedenti l'epoca degli hobbit. Il Silmarillion, per quanto rimasto incompiuto, espone la Storia mitologica della Terra di Mezzo; l'alba dei tempi come si potrebbe dire, l'inizio di tutto. Ecco le parole che si leggono nell'incipit del libro:
“Esisteva Eru, l'Unico, che in Arda è chiamato Iluvatar; ed egli creò per primi gli Ainur, Coloro che sono santi, progenie del proprio pensiero, ed essi erano con lui prima che ogni altra cosa fosse creata[...]”.
Si ha l'impressione di trovarsi di fronte ad una specie di Genesi, la Genesi della Terra di Mezzo per l'appunto. Proseguo comunque nella spiegazione di questo importante tema..
Le leggende contenute ne Il Silmarillion sono molte e, come dicevo, emergono spesso dal tessuto dei romanzi successivi, lasciando nel lettore la sensazione che esista altro fuori dei confini del libro, e che non tutto venga chiaramente esplicitato. Nemmeno i personaggi della storia ne sono sempre a conoscenza, qualche volta anche per loro esistono dei punti oscuri proprio alla stregua di ciò che succede nel mondo reale (ritorna il discorso del mondo Secondario creato ad immagine del Primario). Ovviamente un uomo come Gandalf ha molte certezze, o perlomeno possiede molti saperi arcaici, ma per altri soggetti l'antica saggezza data dalle storie che si tramandano oralmente non è accessibile o comprensibile appieno. In altri casi addirittura le leggende sono proprio dimenticate e solo pochi eletti le conoscono ancora, serbando vivo il ricordo della sapienza dei padri. Aragorn è uno di questi. È lui, ad esempio, che per salvare gli amici feriti in battaglia decide di cercare la “foglia di re”, pianta medicinale conosciuta ed utilizzata nei tempi antichi, ma nel presente obliata insieme alla tecnica per farne uso. L'esperto di erbe, chiamato dinnanzi al futuro re, dimostra di aver dimenticato il messaggio tramandato dagli antenati ed afferma: “[...]non teniamo questa cosa nelle Case di Guarigione[...]perché essa non possiede alcuna virtù a noi nota[...]. A meno, beninteso, che tu non dia retta a quelle vecchie strofe che donne come la nostra brava Ioreth ancor oggi ripetono senza afferrarne il significato[...]”. Tuttavia Gandalf risponde duramente, sottolineando ancora una volta l'importanza di rimembrare gli antichi valori: “[...]allora, in nome del re, va' a cercare qualche vecchio meno erudito ma più saggio che ne tenga in casa qualche foglia!”.
Anche Frodo conosce molte leggende (a sua volta apprese da Bilbo) e ciò fa di lui un hobbit del tutto fuori del comune. Ma di questo tratterò in un'altra occasione.
Fino ad ora però mi sono limitata a parlare degli accenni interni alla mitologia creata da Tolkien stesso, tralasciando un aspetto invece piuttosto rilevante: i temi mitici da cui il professore di Oxford ha tratto ispirazione per creare i suoi due romanzi maggiori. Questi ultimi sono letteralmente pieni di tematiche mitiche, prese a prestito da mitologie nordiche e rivisitate in chiave diversa (più moderna e individuale). Qualche volta si tratta di veri e propri filoni ancestrali, facenti parte della letteratura occidentale da sempre, senza che ormai sia materialmente più possibile risalire alla loro vera origine. Pensiamo ad esempio al drago, figura presente già nella Saga dei Nibelunghi, e oltremodo vivo in Tolkien. Cos'ha Fafnir di diverso rispetto a Smaug? Entrambi sono le creature mostruose per eccellenza delle leggende del nord d'Europa, entrambi possiedono, racchiuso in una grotta, un grande tesoro che un eroe intende raggiungere e conquistare. In entrambe le storie, a ben pensare, c'è di mezzo un anello, ma questa è un'altra faccenda e lo stesso Tolkien ha sempre affermato che non esistesse nessun legame tra i due anelli.
Altri simboli mitici sono la spada che forgia l'eroe, facente eco al ciclo arturiano; la foresta buia e oscura come luogo di passaggio e trasformazione, oppure il re che ritorna dopo un periodo di allontanamento e rafforzamento personale manifestando i segni visibili della sua regalità, tematiche ambedue rintracciabili in molte fiabe. E l'elenco, andando ad indagare in profondità, sarebbe molto lungo.
Come già detto, non si tratta di un mero e semplice lavoro di “copiatura”, ma di una rivisitazione in un'ottica differente e del tutto personale, atta ad integrare queste suggestioni arcaiche all'interno della dimensione innovativa della Terra di Mezzo.
In fondo un messaggio che personalmente ho sempre voluto trarre dall'operazione letteraria compiuta dal professor Tolkien, è che certi temi uniscono l'umanità intera, tanto da divenire simboli di bisogni universali che trascendono appunto sia il Tempo che lo Spazio. E le fiabe ne sono un esempio lampante.
n.b. Il Silmarillion è stato pubblicato postumo, ma il suo nucleo originario è di molto antecedente sia Lo Hobbit che Il Signore degli Anelli, rimanendo probabilmente lo scritto più antico di Ronald.
Nessun commento:
Posta un commento